Il problema è che gli stessi che non si lesinano mai, anche di fronte a obiezioni che non lasciano scampo, nella ricerca di una nota del Vangelo che salvi il gaglioffo di turno e attribuisca al freddo la morte di Gesù, sono poi gli stessi che tuonano in continuazione contro il Vangelo-fai-da-te o più in generale contro la libertà di dubbio, di pensiero e di interpretazione del cristianesimo, quella stessa libertà che loro (per non fare la brutta figura di parlarne male) definiscono astrusamente relativismo. Come se la relatività della realtà, delle opinioni e dei sentimenti fosse un arbitrio e non un dato di fatto, quando non un diritto naturale. Come se al mondo esistesse qualcuno in grado di fornirci e tanto autorevole da imporci un'interpretazione univoca e inappellabile del Vangelo e della vita. Qualcuno che non sia il Padre Eterno, ovviamente, e che all'occorrenza risulti rintracciabile.
Il vecchio lupo
mercoledì 28 settembre 2011
Una parabola non la si nega a nessuno
Il problema è che gli stessi che non si lesinano mai, anche di fronte a obiezioni che non lasciano scampo, nella ricerca di una nota del Vangelo che salvi il gaglioffo di turno e attribuisca al freddo la morte di Gesù, sono poi gli stessi che tuonano in continuazione contro il Vangelo-fai-da-te o più in generale contro la libertà di dubbio, di pensiero e di interpretazione del cristianesimo, quella stessa libertà che loro (per non fare la brutta figura di parlarne male) definiscono astrusamente relativismo. Come se la relatività della realtà, delle opinioni e dei sentimenti fosse un arbitrio e non un dato di fatto, quando non un diritto naturale. Come se al mondo esistesse qualcuno in grado di fornirci e tanto autorevole da imporci un'interpretazione univoca e inappellabile del Vangelo e della vita. Qualcuno che non sia il Padre Eterno, ovviamente, e che all'occorrenza risulti rintracciabile.
sabato 27 agosto 2011
Università del Cairo, 4 giugno 2009
Ma i giornalisti italiani hanno mai letto questa cosa qui?
http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/esteri/obama-presidenza-8/discorso-italiano/discorso-italiano.html
E, se l'hanno letta, quale collettiva ostruzione delle sinapsi cerebrali impedisce loro di cogliere il nesso evidente con la successiva, corrente e cosiddetta primavera araba?
lunedì 22 agosto 2011
Chi ha preso i soldi del Belice?
Napolitano va al Meeting dei ciellini, dice quel ch'è scritto qui
http://download.repubblica.it/pdf/2011/intervento-napolitano.pdf?ref=HREA-1
e quelli lo inondano di ovazioni e di consenso.
Ma, ... non sarà che davvero i soldi del Belice ce li siamo presi noi.
http://download.repubblica.it/pdf/2011/intervento-napolitano.pdf?ref=HREA-1
e quelli lo inondano di ovazioni e di consenso.
Ma, ... non sarà che davvero i soldi del Belice ce li siamo presi noi.
mercoledì 17 agosto 2011
Dicembre (canzone triste)
In dicembre, un giorno sereno,
penserai a me, penserai.
E il ricordo come un veleno
pastoso e fragrante berrai.
Toccherai l’orizzonte, vicino,
lucidato con gesto sicuro
da quel vento che rende al mattino
la luce del fonte più puro.
Crederai di vedere uno storno
ritornar da un paese lontano
al tuo orto in letargo quel giorno
di dicembre, limpido e strano.
Sorbirai quell’amaro miraggio
d’un amore che torna dal cielo,
ma una voce dirà: non è maggio,
ma dicembre, un giorno di gelo.
In quel perfido soffio di greco
svanirà la tua calda carezza.
E’ dicembre, dirà ancora l’eco
deridendo la tua debolezza.
Le dirai: “Sì, lo so ch’ho sognato,
che mi batte nel petto quel volo,
sì, lo so che il passato è passato,
che uno storno non torna da solo.
Ma il ricordo, il ricordo non muore
a dicembre, coll’ultima tea:
resta vivo a blandire nel cuore
la speranza, già ultima dea."
Alla fine un sentore d’arance
scioglierà tutto l’esile incanto,
tremeranno le labbra e le guance
coglieranno cristalli di pianto.
mercoledì 10 agosto 2011
Discussioni varie
Nelle ultime settimane ho un po' abbandonato questo blog. Un po' perché non avevo molto tempo da dedicargli, un po' perché - quando ne ho avuto - il tempo mi è stato assorbito da discussioni intrattenute in un altro blog, presso il quale non ricordo più come sono andato a sbattere la prima volta. Per risarcire in una qualche misura il mio presente blog, riporto qui sotto i link di quelle discussioni, in alcuni tratti interessanti. L'ordine è quello cronologico, dal meno al più recente.
mercoledì 13 luglio 2011
L'indifferenza
A proposito di questo:
ricordo questo:
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
A. Gramsci, 1917
A. Gramsci, 1917
lunedì 11 luglio 2011
Pane e stronzate per i lettori del Giornale
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